Ribollita
Una delle mie nonne era toscana. Dicono fosse una gran cuoca. Sapete amici miei non l’ho mai conosciuta, se non dai ricordi di mio papà.
Era di Livorno e poi di Empoli e poi conobbe mio nonno, che a quei tempi aveva i baffetti e i vestiti fatti per bene con le stoffe del biellese e così si trasferì sui monti!
L’ho conosciuta attraverso la cucina delle mia zia Iride che faceva l’unto scappato e le polpette più buone del mondo con l’aglio, la mortadella e le patate.
L’ho conosciuta attraverso mia cugina Patrizia che faceva il caciucco e mi ha dato forma come un demiurgo, usando il suo tempo e lo scalpello.
E da queste grandi donne toscane che ho preso il DNA del sapore, l’ossessione per il cibo, per il buono, la voglia di piccante e di vino buono.
Quando mia zia faceva la ribollita, le volte in cui ci raggiungeva a Como, si faceva portare per ore a fare la spesa: cercando il cavolo nero ovunque.
Prendeva un pentolone e iniziava con un soffritto dove l’olio e l’aglio eran generosi. I fagioli avevano dormito tutta la notte nel’acqua. Li lessava e poi li insaporiva a parte con aglio, pepe e ramerino, il rosmarino lo chiamava così.
Il grande pentolone cuoceva e io facevo i compiti in cucina ma più che fare matematica spiavo, perché la cucina non s’impara: un po’ ce l’hai dentro e un po’ la spii.
Cucinavo con lei e lei quando cucinava diventava leggiadra, le sue mosse veloci e come ci sapeva fare.
Che belle le persone che cucinano, mi piacciano perché esprimono una parte di loro: c’è chi è metodico, chi ossessionato dal gesto, chi segue la ricetta come un segugio segue la preda e chi invece danza.
E voi che state perdendo tutto questo, voi che avete le vostre nonne o zie, imparatelo un piatto. Le porterete in tavola con voi, ogni volta che lo rifarete e le renderete eterne.
E’ questa una ricetta, non qualcosa da criticare o da sfoggiare, ma qualcosa di unico che rimane per sempre aldià di voi.
Io spero di aver imparato bene e forse la mia nonna da lassù dirà: ci voleva un pizzico di sale in più e il pane sciapo, ma che ne sapete voi lombardi!
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Ingredienti per 4 persone:
500g di fagioli cannellini secchi
1kg di pane raffermo
200g di pecorino toscano
2 mazzi di cavolo nero
1/2 verza
2 patate grandi
2 mazzi di bietoline
4 carote /3 coste di sedano/ 2 cipolle bianche
2 spicchi d’aglio
1 confezione di pomodori pelati
1 cucchiaio di aceto rosso
pepe nero macinato fresco
rosmarino fresco
prezzemolo
sale
olio evo
Procedimento:
Mettere a bagno i fagioli la sera prima e poi cuocerli come indicato sulla confezione in abbondante acqua. Una volta pronti teneteli da parte.
Preparare un trito di con sedano, cipolle, 2 carote, 1 spicchio d’aglio, i gambi del prezzemolo e soffriggere a fiamma alta con abbondante olio evo in pentola.
Sfumare con l’aceto ed aggiungere poi i pelati passati col passaverdura, un goccio d’acqua e cuocere una decina di minuti. Aggiungere un gambo di rosmarino in superficie e toglierlo dopo 5′.
Aggiungere poi le altre 2 carote tagliate a rondelle e le patate a dadini, il cavolo nero tagliato, la verza e le bietoline.
Aggiungere l’acqua dei fagioli, altra acqua calda, salare, pepare e lasciar cuocere per circa 2 ore.
Soffriggere abbondante aglio in abbondante olio evo e versarci dentro i cannellini e cuocere per 15′ aggiungendo un po’ della loro acqua. Prelevarne una parte, frullarla ed aggiungerla alla zuppa assieme agli altri fagioli.
Il giorno dopo scaldare la zuppa e successivamente preparare gli strati in una pentola di terracotta. Ogni strato sarà così composto da pane raffermo, zuppa, olio evo fino a fine pentola. Lasciar cuocere per circa 30′ e far poi riposare.
Servire con abbondante pepe nero macinato fresco, pecorino toscano e un generoso filo d’olio evo.
Ps: far bollire una terza volta la zuppa è quel segreto che nessuno vi dice, ma che fa la differenza.