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Quiche al sambuco e asparagi

Ognuno ha le sue scimmie interiori, quei raccordi dell’anima che ti fanno ardentemente desiderare qualcosa.
Puoi trattenere questi vorrei come dighe costruite da un abile castoro ma poi quando c’è da esondare, non vi poi molto da fare.

Allora sali in macchina in cerca di cielo, che dove sto io è solo per chi abita in cima.

Bisogno di verde, e dove sto io è solo una decorazione rara o un parco artificiale dove correre: in cerca di sapore, che dove sto io che lo dico a fare.

E allora vedi l’impertinente diavolo biondo, struccata e bella, con un pettinatura ad ananas che s’infila gli stivali in gomma e rientra in connessione con la sua madre terra e scappa verso il fiume con tanto di Vittorioni al seguito e va a caccia di erbe, come si sempre fatto.

Ora gli chef lo chiamano e ci riempiono i menù, dopo aver fermentato, conservato a bruciacchiato, questi frutti della natura.

Vuol dire avere la conoscenza, per poter andare a fare la spesa nella natura, per accaparrarsi sapori gusti e consistenze che oramai, così allevati in batteria, nelle nostre fazenda urbane, non sappiamo se stiamo vivendo o ci siamo persi con il navigatore in mano.

Ci siamo proprio persi, in quando disconnessi dalla terra, sempre più distanti dal cibo, perché il cibo è fin troppo vicino da non conoscerlo: come qualcuno che dai per scontato, invece di amarlo.

Allora nel secchio, lei mi porta il sambuco, non lo lavo nemmeno, lo sciacquo, a lavarlo ci ha pensato la pioggia, nel pomeriggio: chiedo se è sicura se sia o meno sambuco o se ha raccolto qualche pianta velenosa…

Lei mi guarda con tutti i geni delle ragazzine impertinenti che dall’ 8000 avanti cristo, l’hanno portata fino a qui e mi manda a fan con gli occhi: come dire “magna e taci”.

Io allora, mentre faccio il buffone di corte per favi un video, mischio uova, pecorino, pepe, formaggio a pasta dura, e cerco abilmente di trattare le con garbo, senza sbattere, senza fare schiuma.

E compongo una torta, con sambuco e asparagi.

E spero vivamente che voi abbiate un campo e qualcuno vicino a voi che lo sappia riconoscere perché se questa volta mi seguite vi faccio star bene: proprio come mi sento io, qui, nel nulla che ti culla sempre un po’.

Se vi siete persi la scorsa la trovate QUI e non dimenticate di seguirmi su instagram.

Alla prossima mostri!

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