A volte mi capita di farlo, lo ammetto. Non mi piace pensare che io sia un personal chef, innanzitutto perché non sono chef e poi perché non sono personal, insomma non mi adatto.
Impongo gusti, sapori, ricette. Un percorso palatale mio, un po’ fusion di testa, un po’ stagionale, senza fronzoli e con dei bemolle assoluti.
Non mi piego alla regola del personal, il menù prevede delle deviazioni solo in caso di intolleranze o esigenze alimentari, per il resto uso la vostra cucina per fare qualche che voglio io. O meglio per farvi mangiare come vorrei mangiare se fossi in voi.
Allora il compleanno dell’amico celiaco, la sposa, il b day, la gita in campagna, diventano occasioni uniche per stare insieme condividere questa passione che il cibo.
Allora vi ritrovate un:
Gaspace.
Una capasanta Subito.
Uno scampo per Elisa.
Una spago il vecchio e il mare.
Un anatra tex mex… e una panna cotta al wasabi.
Che fate, non le assaggiate?
Alla fine esco distrutto perché cerco di darvi il massimo, come un pittore davanti alla tela. E penso che già vi prendono per i fondelli in gran parte dei ristoranti, io non voglio: sapete perché? Entro a casa vostra, solo ogni tanto e meritate tutto il mio rispetto, anche perché mi date carta bianca. E io su quella carta ci voglio scrivere una storia.