Scusate la latitanza, ma il blog deve essere compatibile e sostenibile con una vita. Se mi avete seguito ero a Los Angeles e sto ancora tirando le somme del viaggio: vorrei raccontarvelo per bene e mi serve un pizzico d’ispirazione. Come ispirato è questo piatto per il progetto #tableous infatti io e la Dani, quella molto fashion, di Fregole, siamo stati un po’ fusion, un po’ giappo, un po’ oriente, un po’ squali, ma sopratutto ci siamo divertiti molto questa volta.
Abbiamo provato colpi di karate, bandane nuovissime e abbiamo giocato con la tavola e non con il cibo, come oramai vi stiamo abituando. Addirittura abbiamo portato ad un panettiere le forme di Viola, la figlia di Daniela, quelle che usa per giocare con la sabbia in questa lunga estate e abbiamo fatto fare del pane a stella marina. Abbiamo sparso qua e là collezione di conchiglie della nostra fotografa Arianna Bonucci e soprattutto osato!
Per la ricetta mi sono ispirato ad un cena di lavoro, quando il nostro direttore creativo (lavoravo in pubblicità) ci raccontava di come Yoshi, ex cuoco di Nobu Milano, tagliasse le capasante crude proprio davanti a suoi occhi e le servisse pure, per preservarne dolcezza e consistenza. La mia idea è quella di creare un sorta di caprese con questo frutto di mare meraviglioso, alternandola cruda per i motivi qui sopra e poi cotta perché mi piace. Quindi tagliate in due la capasanta e marinatela con olio sale e pepe e un goccio di sciroppo d’acero (un goccio vero, non due litri) per qualche minuto. Preparate un maionese o compratela che fate prima e frullatela con un po’ di basilico e la scorza di un limone bio, non trattato. Il limone normale spremetelo, quando usate la scorza, alias zest, ricordatevi di comprare limoni non trattati e biologici.
Sciacquate il guscio della capasanta e riempitelo di riso nero, fatelo bollire senza sale e conditelo con salsa di soia e olio, senza eccedere, in modo da preservarne i profumi.
Poi posate la capasanta cruda dall’alto, usando la pinza che fa molto figo.
Andate di maionese al basilico e limone, generosi, perché servirà a condire il riso.
Poi il pomodoro marinato, fresco, di ottima qualità. Consiglio un pachino.
Aggiungete la capasanta che avrete spadellato in burro e fiammeggiato col brandy.
E una fogliolina di basilico, lucidata con un goccio d’olio. Questa è un finezza da grande chef, fatelo: perché è nei dettagli che si nasconde il diavolo e il Paul Bocuse che c’è in voi.
E divoratela su una tavola meravigliosa, prima che ci pensino quegli squali dei vostri commensali. Alla fine questa non è altro che la solita insalata di riso, un po’ più insolita.
Anche perché noi la serviamo così!